Il fanciullo e l’animazione drammatica: un progetto di consapevolezza

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children theatre
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L’animazione drammatica è un importante strumento che può contribuire alla formazione umana educando al gusto del teatro. Essa attraverso la fantasia e la creatività permette al fanciullo di sottrarsi al mondo abitudinario e di costruire mondi possibili in forma di gioco, tendendo a riconciliare l’apprendimento con la vita attraverso la spontaneità e l’improvvisazione.

L’animazione drammatica, lungi dal poter essere considerata tecnica d’insegnamento o metodologia di produzione teatrale alternativa, può configurarsi come spazio progettuale dove condurre esperienze di ricerca sulle capacità e le necessità espressive dell’uomo.

Il pedagogista italiano Francesco De Bartolomeis afferma che nel gioco drammatico il fanciullo è messo alla prova, egli deve fronteggiare fatti e persone, apprendere il significato di successo e insuccesso, inclusione ed esclusione, comunicazione e solitudine, sperimentando gioia vera e sofferenza vera, soddisfazione e frustrazione reali (De Bartolomeis, 1962). Il bambino è il difensore delle sue finzioni perché vuole difendere le sue creazioni ed i valori che è riuscito ad oggettivare: le sue finzioni sono dunque scoperte, affermazioni personali, sconfitte, successi, nuova consapevolezza. Animazione drammatica come esperienza conoscitiva, dunque, ma anche come esperienza morale, forma di socializzazione, esperienza emozionale ed affettiva, lavoro su di sé, rispetto e comprensione dei ruoli propri e dell’altro.

Il gioco nella sua essenza è drammatizzazione, esso contiene in sé elementi importantissimi di teatralità in quanto sia il Gioco che il Teatro sono espressioni originarie del vivere umano. Attraverso l’immaginazione, l’azione ludica consente alla dimensione teatrale di creare mondi altri nei quali il fanciullo vive l’identificazione con i personaggi di storie inventate: in questo universo simbolico il fanciullo trova alimento spirituale per la sua crescita culturale e per progettare la sua azione nel mondo (Vaccarili, 2002).

L’attività ludica trova la sua origine nel gesto del far finta di e si alimenta dell’atto dell’ancora una volta: ripetizione ed invenzione come fondamenti per la trasfigurazione e la creazione della propria verità. Il bambino rappresenta quello che sa, vede e comprende degli uomini, delle cose e del mondo e soprattutto intuisce ciò che la sua età gli consente di capire; si prova un senso di falso e di coartato nell’atteggiamento dei fanciulli costretti ad essere attori, ad interpretare una parte ottenendo come unico risultato insensati tecnicismi ed automatismi.

La recita immette prematuramente e dogmaticamente il fanciullo nel reale, essa inaridisce e cristallizza nella rappresentazione scenica dei personaggi che il fanciullo è incapace di intendere.

L’animazione drammatica, diversamente dalla recita, consente al fanciullo di realizzare quel desiderio di felicità, quel desiderio che crea il mondo dell’infanzia in cui il gesto attinge a quello strato profondo negato alla parola «où le choses sont libérées de la servitude d’être utiles» (Benjamin, 2003).

  • Benjamin W. (2003). Paris. Capitale du XIX siècle. Parigi, Allia Ed.
  • De Bartolomeis F. (1962), Cos’è la scuola attiva. Torino, Stabilimento grafico moderno.
  • Vaccarili A. (2002). Il Teatro e la formazione. Teramo, Edigrafital.

 

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