Sulle orme del Capitano Orsoblu

(Foto Simona Budassi)

Socializzazione del percorso 2017/18 di pedagogia teatrale per bambini da 6 a 10 anni “La Valigia Magica”.

La congrega dei sapienti ha iniziato a lavorare sullo Sviluppo del Pensiero Critico allenando l’abilità che l’essere umano deve sviluppare per imparare a risolvere i problemi. La congrega ha analizzato e valutato alcune informazioni, ottenute dal racconto di una storia attraverso l’osservazione, l’esperienza, il ragionamento e la comunicazione, rispondendo alle informazioni piuttosto che limitarsi ad accettarle, Interrogarsi è la componente più importante del pensiero critico. Si interseca con discipline come le scienze, la matematica, la storia, l’economia e la filosofia, tutte necessarie per lo sviluppo futuro della nostra società.  Attraverso Osservazioni precise su oggetti il laboratorio di Valigia magica sprona il bambino a trarre le sue conclusioni contribuendo ad attivare una abilità di osservazione scientifica che risulteranno utili e necessarie nel corso della vita.

Attraverso il confronto di notizie e argomenti abbiamo lavorato per consente ai bambini di esprimere come le cose sono simili e differenti ed aiutarli ad analizzare e categorizzare le informazioni. La discussione e l’analisi della storia li ha stimolati a sintetizzare i concetti principali della storia invece di rispondere soltanto a delle domande ponendo domande che non trovano risposte dirette nella storia e consentendo ai bambini di dedurre e trarre le loro conclusioni in base a quello che hanno capito della storia. Infine un tassello fondamentale della strategia pedagogica laboratoriale è stato l’apprendimento in sinergia o cooperative learning (apprendimento cooperativo) che ha aiutato i bambini a sviluppare le abilità di pensiero critico attraverso l’espressione delle loro idee dichiarate in gruppo favorendo l’apprendimento tra paria attraverso il dibattito costruttivo, in cui ciascuno deve difendere le proprie idee.
La storia è stata interamente ipotizzata e costruita da loro attraverso un contenitore di informazioni iniziali da cui si è dipanato un ordito di ipotesi e conclusioni che avete visto questa sera esplorare con il loro corpo e tutte le loro percezioni.

Kamishibai – Racconti in valigia

Interessante workshop organizzato dalla casa editrice Artebambini di Bologna su questa antichissima forma giapponese di narrare storie.

Il Kamishibai (纸 芝 居 Kamishibai), traducibile come “dramma di carta”, è una forma di narrazione che ha avuto origine nei templi buddisti nel Giappone del XII secolo, dove i monaci, utilizzavano gli emakimono per narrare ad un pubblico, principalmente analfabeta, delle storie dotate di insegnamenti morali.

La tecnica del kamishibai è rimasta nelle tradizioni del Giappone per secoli, ma ha conosciuto un momento di splendore negli anni fra il 1920 ed il 1950. Il Gaito kamishibaiya, o narratore, si spostava da un villaggio all’altro in bicicletta ed utilizzava battere due pezzi di legno collegati da un cavo comunemente chiamato hyoshigi, per annunciare il proprio arrivo nei villaggi. I bambini che avevano comprato caramelle dal Gaito kamishibaiya si potevano assicurare i migliori posti di fronte al palco. Una volta che si era formato un pubblico, il Gaito kamishibaiya iniziava a raccontare le proprie storie servendosi di un set di tavolette di legno sulle quali erano disegnati i vari passaggi della storia che avrebbe raccontato. Le storie erano spesso seriali, e nuovi episodi venivano raccontati ad ogni visita al villaggio.

La rinascita del Kamishibai itinerante può essere associata con la grande depressione degli anni venti, e con la possibilità che rappresentava per i tanti disoccupati, molti dei quali erano la conseguenza dell’avvento del cinema sonoro, di guadagnare piccole somme di denaro. L’usanza del Kamishibai è stata quasi del tutto soppiantata dall’arrivo della televisione negli anni cinquanta, benché sia stata recentemente rilanciata nelle biblioteche e nelle scuole elementari giapponesi.

Incontro con l’India: Milòn Mèla e la ricerca delle sorgenti

Laboratorio di arti performative indiane con musicisti BAUL, danzatori CHHAU, danzatori GOTIPUA, un maestro d’arti marziali KALARI PAYATTU, un maestro di Hatha Yoga. Gli artisti propongono le loro pratiche in un seminario diretto da Abani Biswas, collaboratore di Jerzy Grotowski nel Teatro delle Sorgenti.

To see clear” questa breve frase di Abani Biswas racchiude il senso profondo dell’intenso workshop al quale abbiamo partecipato nei primi giorni di agosto presso la casa-laboratorio Cenci di Amelia.

Abani Biswas fu uno dei principali componenti del Teatro delle Sorgenti (1979 – 1983) che Jerzy Grotowski diresse in India, in Polonia ed in Italia.

La successiva collaborazione con maestri di antiche discipline performative e la creazione nel 1990, del centro di lavoro “Theatre House” a Santiniketan (Bengala), hanno dato luogo alla creazione di Milòn Mèla.

Il metodo di lavoro proposto si rivolge all’esperienza del Teatro delle Sorgenti e alle tecniche di rappresentazione di antiche discipline dell’India. Il silenzio, l’osservazione, le azioni fisiche costituiscono la chiave di ricerca per stabilire un incontro tra rituale e contemporaneità.

Nei laboratori c’è una parte molto vicina al “fenomeno teatrale” che si esplica nella collaborazione con gli artisti tradizionali di Milòn Mèla; un’altra si occupa di tecniche (tecniche di movimento, di attenzione, di concentrazione) che riguardano il “fenomeno umano” nella sua interezza.

I laboratori possono essere un momento di confronto, di sfida, e si propongono di attivare una spinta creativa e positiva verso l’agire, verso il miglioramento di ciò che non ci soddisfa e del quale sentiamo la mancanza.

Riuscire a realizzare “qualcosa” che non si trova nella vita di tutti i giorni è un’esperienza fondamentale per l’essere umano. Altro obiettivo fondamentale è l’offrire la possibilità di strutturare un proprio training personale di alto livello professionale.

Il laboratorio non intende insegnare ai partecipanti discipline provenienti da altre culture ma avviare in ogni individuo un processo creativo e fornire un avanzato training di preparazione professionale. L’obiettivo è di elaborare delle tecniche che, al di là delle differenze culturali, siano in grado di decondizionarci dal contesto attuale in cui viviamo.

Abani racconta: “La partecipazione al Teatro delle Sorgenti mi ha permesso di entrare in un processo che coinvolge l’essere umano nella sua totalità (corpo – emozioni – mente) e che contemporaneamente lo pone di fronte al mondo e quindi al problema dell’agire, dell’essere attivo nella propria vita personale ed in un contesto ben determinato: quello della cultura, dell’arte e del teatro”.

Le tecniche delle origini sono sia drammatiche che ecologiche:
– sono drammatiche perché su di esse si fondano le più antiche arti performative, “Azioni”, talvolta molto elementari, ad esempio un particolare modo di camminare, un ciclo di movimenti, vibrazioni sonore che hanno la capacità di agire sul sistema psicofisico individuale; si tratta inoltre di tecniche attive e non contemplative.
– sono ecologiche, perché situano sempre l’uomo di fronte alle forze della natura ed alla “propria” natura. Il rispetto del silenzio è la condizione più importante per il lavoro e la concentrazione. Mantenere il silenzio rappresenta una dieta per la mente, un digiuno verbale che purifica e disintossica dall’eccesso d’informazione e dagli automatismi. Tramite il silenzio, si rispetta l’altra persona prima di coinvolgerla.

Si praticano le forme di base delle arti Kalaripayattu, Chhau e Gotipua, si apprendono posizioni di Hatha Yoga (asana), si dà voce ad antichi testi sacri (mantra) e canti tradizionali.
Si effettua un’immersione nell’interpretazione viva di poemi epici:
i danzatori Chhau presentano coreografie dai Purana e dal Mahabharata, i danzatori Gotipua presentano il Ramayana e il Krishna-Lila. I musicisti Baul cantano i versi dei poeti mistici medievali, i maestri Kalaripayttu si esibiscono in combattimenti con i bastoni e nella danza del fuoco.
(testo tratto da www.cencicasalab.it)

Micro-nido C’era una volta – Centro pilota BimboTeatro

TeatroLab conferisce al Micro-nido C’ERA UNA VOLTA la qualifica di Centro pilota BimboTeatro.

Il Centro pilota BimboTeatro si propone di utilizzare il potenziale educativo del teatro sia all’interno della normale prassi educativa, sia nella progettazione e realizzazione di percorsi laboratoriali che facciano uso di linguaggi e tecniche dell’arte teatrale al fine di dare una nuova e più consapevole vita al quotidiano nel nido d’infanzia.

Il Centro pilota BimboTeatro, attraverso processi di ricerca condivisa, attinge all’ambito della “teatralità” per una gestione più consapevole ed efficace della dimensione emotiva, relazionale e cognitiva del bambino.

Nido d’infanzia Totem – Centro pilota BimboTeatro

TeatroLab conferisce al Nido d’infanzia TOTEM la qualifica di Centro pilota BimboTeatro.

Il Centro pilota BimboTeatro si propone di utilizzare il potenziale educativo del teatro sia all’interno della normale prassi educativa, sia nella progettazione e realizzazione di percorsi laboratoriali che facciano uso di linguaggi e tecniche dell’arte teatrale al fine di dare una nuova e più consapevole vita al quotidiano nel nido d’infanzia.

Il Centro pilota BimboTeatro, attraverso processi di ricerca condivisa, attinge all’ambito della “teatralità” per una gestione più consapevole ed efficace della dimensione emotiva, relazionale e cognitiva del bambino.

Librandia. La città dei libri sognanti

(Foto Simona Budassi)

Socializzazione del percorso 2016/17 di pedagogia teatrale per bambini da 6 a 10 anni “La Valigia Magica”.

Chi percorre la Zamonia occidentale lungo l’altipiano di Dilà in direzione est, superati finalmente i mari d’erba ondeggiante, si trova all’improvviso davanti a un orizzonte d’una profondità impressionante. Lo sguardo si perde all’infinito su una pianura piatta che, in lontananza, sfuma nel deserto Dolce. Nella steppa dalla scarsa vegetazione il viandante può scorgere, quando il tempo è sereno e l’aria limpida, una macchiolina che s’ingrandisce rapidamente a patto di camminarci incontro spediti. Una macchia che assume ben presto tratti seghettati, dalla quale spuntano tetti aguzzi e che si rivela infine per la leggendaria città di Librandia, la città dei libri sognanti.

(Foto Simona Budassi)

“L’avventura evoca il tempo e fa vivere il corpo. Il corpo, attraverso l’avventura, esercita la presa sul mondo.”
Riccardo Massa

 

Processo a Carnevale – V edizione

La manifestazione “Processo a Carnevale”, a cura di TeatroLab, è organizzata dalla Pro Loco di San Giovanni Teatino e si terrà domenica 26 febbraio 2017 dalle ore 16,00 a San Giovanni Teatino alta.

Perché si festeggia il carnevale?
Il bisogno di capire le esperienze è la caratteristica più peculiare dell’essere umano. Il significato, dunque, come forma d’interpretazione: trovare un significato vuol dire dare senso o coerenza alle nostre esperienze. Paolo Toschi, folklorista, filologo e storico della letteratura italiana, ci ricorda che tutte le forme drammatiche del nostro teatro riconoscono la loro prima e unitaria origine nel rito: esse nascono come momenti essenziali e più significativi di cerimonie religiose e soprattutto nelle grandi feste annuali e stagionali di rinnovamento e di propiziazione. In alcune feste, come ad esempio Capodanno, Carnevale, Calendimaggio si è conservata più chiaramente la derivazione dagli antichi riti pagani.

Perché “Processo a carnevale”?
Uno dei bisogni fondamentali dei popoli di tutti i tempi è di rinnovarsi ad ogni ritorno del ciclo naturale delle stagioni. Nelle comunità rurali il rinnovamento è momento imprescindibile e irrinunciabile per l’eliminazione del cumulo del “male” addensatosi durante l’anno che muore come le malattie, le disgrazie e i delitti. Attraverso tutti i mezzi che le diverse concezioni magiche e religiose suggeriscono, le comunità rurali si assicurano un felice svolgimento e rendimento del nuovo ciclo.
“Processo a Carnevale” è una rivisitazione artistica di uno dei modelli del carnevale più antico, il carnevale babilonese che ci propone una delle possibili e infinite celebrazioni della cosmogonia primordiale attraverso il racconto mitologico del poema epico Enûma Eliš.
A Babilonia l’evento corrispondeva all’equinozio di primavera ed era rappresentato dall’attraversamento della città da parte di una nave munita di ruote, il “car naval” (da cui una delle possibili derivazioni dell’etimo “carnevale”), scortato dal popolo festante su cui troneggiavano i simulacri del sole e della luna. Il car naval approdava al tempio del dio Marduk, dio del vento, del seme e del mondo sotto terra, che dopo essere sceso agli inferi, risorgeva vincendo il caos e riportava l’ordine nell’universo. Durante il viaggio l’anno morente – e con esso l’ordine del cosmo – si dissolveva nel nulla, causando la regressione al caos primordiale in cui si determinavano l’inversione naturale per cui l’uomo si tramutava in animale, in donna o in fanciullo e viceversa, l’inversione sociale che consentiva ai servi di diventare padroni, l’inversione temporale dove i defunti, evocati dai viventi indossando una maschera, tornavano in vita.

Perché ci si maschera a carnevale?
L’antropologo e studioso di teatro Oscar Eberle ci ricorda l’arcaica sacralità delle origini della maschera come il mezzo delle popolazioni primitive per comunicare con l’Aldilà. La maschera è antica quanto la stessa umanità, essa è il simbolo della trasformazione dell’uomo in un altro “io”. A Carnevale indossare la maschera significa avere un filo diretto con il mondo di sotto terra, con i defunti, con il seme che, evocato dai vivi, porterà abbondanza e prosperità nel nuovo ciclo che sorge.

Perché si brucia il carnevale?
La gioia sfrenata e orgiastica del carnevale trova la sua conclusione nella messa a morte di un capro espiatorio, quella messa a morte che oggi viene rappresentata simbolicamente con il rogo del simulacro del Carnevale.

 

Lo spazio vuoto

Venerdì 7 ottobre 2016 – ore 18
Schola dell’arte dei Tiraoro e Battioro – San Stae – Venezia

Performance teatrale “LO SPAZIO VUOTO. Haiku in forma scenica” a cura di TeatroLab
in occasione del vernissage della mostra pittorica dell’artista Gabriella Capodiferro “Luce Acqua Vento” a cura di Enzo Di Martino.

In scena

Giulia Parrucci e Rossano Angelini

CEEB

logo_ceeb-teatrolabIl Progetto

Il CEEB – CENTRO EDUCATIVO ECOPEDAGOGICO NEL BOSCO è un progetto a cura di TeatroLab che nasce presso “La Casa dei Gatti”, struttura situata in aperta campagna, immersa nel verde delle colline teatine tra bosco, frutteti e vigneti. Il CEEB si pone l’obiettivo di sviluppare una realtà ecopedagogica che si prende cura del tempo dell’infanzia e del percorso di crescita dei genitori in questo delicato e prezioso cammino.

Il CEEB, progetto educativo per una nuova civiltà eco-sostenibile, s’ispira all’idea di Terra come un’unica famiglia umana che attraverso l’unione può tendere alla costruzione di una società globale sostenibile attraverso il rapporto armonico e naturale con l’ambiente.

Il CEEB sostiene l’idea che il gioco nella natura aiuti a favorire nel bambino e nel genitore un rapporto di armonia tra corpo e mente, a riconoscere spontaneamente il valore dell’ambiente naturale, a sviluppare sicurezza e fiducia in se stessi, a intessere relazioni sociali, a migliorare l’equilibrio interiore troppo spesso minato dalla vita frenetica, dalle ansie, dall’invasione di stimoli ai quali sono sottoposti i bambini, a tutelare la magia del tempo dell’infanzia come uno spazio spirituale magico da conservare e custodire gelosamente per tutta la vita.

 

I principi pedagogici

Il CEEB s’ispira a grandi maestri della pedagogia come Freire, Steiner, Freinet, Makiguchi, Grotowski, Gardner, Montessori, tutti accomunati dalla ricerca della felicità e dallo sviluppo delle caratteristiche individuali come scopi principali dell’educazione, sostenendo che il cambiamento, teso al miglioramento e alla trasformazione dei limiti in punti di forza, non può che partire da noi stessi. Il cuore del progetto CEEB è la relazione che il bambino, attraverso il proprio corpo, costruisce con l’ambiente naturale. Laboratori di teatro, di musica, di ascolto dei sensi e, soprattutto, il gioco libero sono strumenti privilegiati per attivare una cittadinanza responsabile e sviluppare un modo per educare le nuove generazioni ad abitare la Terra valorizzando e non distruggendo i beni in essa contenuti.

 

Il manifesto per i diritti naturali dei bambini e delle bambine

Il CEEB aderisce al manifesto del maestro Gianfranco Zavalloni per i diritti naturali dei bambini e delle bambine:

  1. Il diritto all’ozio, a vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti.
  2. Il diritto a sporcarsi, a giocare con la sabbia, la terra, l’erba, le foglie, l’acqua, i sassi, i rametti.
  3. Il diritto agli odori, a percepire il gusto degli odori, riconoscere i profumi offerti dalla natura.
  4. Il diritto al dialogo, ad ascoltare e poter prendere la parola, interloquire e dialogare.
  5. Il diritto all’uso delle mani, a piantare chiodi, segare e raspare legni, scartavetrare, incollare, plasmare la creta, legare corde, accendere un fuoco.
  6. Il diritto al buon inizio, a mangiare cibi sani fin dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura.
  7. Il diritto alla strada, a giocare in piazza liberamente, a camminare per le strade.
  8. Il diritto al selvaggio, a costruire un rifugio-gioco nei boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi, alberi su cui arrampicarsi.
  9. Il diritto al silenzio, ad ascoltare il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell’acqua.
  10. Il diritto alle sfumature, a vedere il sorgere del sole e il suo tramonto, ad ammirare, nella notte, la luna e le stelle.

L’Emilio nel bosco

CEEB_campo-scuola_flyerIl CEEB – centro educativo ecopedagogico nel bosco propone il campo-scuola semiresidenziale
per bambini dai 3 ai 10 anni
dal 29 agosto al 2 settembre
e dal 5 al 9 settembre
dalle 8 alle 17

Il campo-scuola semiresidenziale L’Emilio nel bosco si svolge in una struttura rurale immersa nel verde delle colline teatine al centro di una distesa di ulivi, frutteti e bosco naturale a un chilometro dal centro di San Giovanni Teatino alta. Il CEEB sostiene l’idea che il gioco nella natura aiuti a favorire nel bambino un rapporto di armonia tra corpo e mente, a riconoscere spontaneamente il valore dell’ambiente naturale, a sviluppare sicurezza e fiducia in se stessi, a intessere relazioni sociali, a migliorare l’equilibrio interiore troppo spesso minato dalla vita frenetica, dalle ansie, dall’invasione di stimoli ai quali sono sottoposti i bambini, a tutelare la magia del tempo dell’infanzia come uno spazio spirituale magico da conservare e custodire gelosamente per tutta la vita. Ai bambini è offerta un’atmosfera fantastica, fatta di stupore e di meraviglia. Il tempo trascorre lento, a contatto con la natura, prendendosi cura dell’orto e del giardino dei sensi, tra fiabe, colore, canto e teatro.

attività

  • escursioni nel bosco
  • laboratori sensoriali
  • laboratori teatrali
  • cura dell’orto
  • gioco nella natura

Per prenotazioni e ulteriori informazioni
338.6632037  |  328.7505730

ceeb@teatrolab.org

 

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