Processo a Carnevale 2016

processo a carnevale 2015La manifestazione “Processo a Carnevale”, a cura di TeatroLab, è organizzata dalla Pro Loco di San Giovanni Teatino e si terrà domenica 7 febbraio 2016 dalle ore 16,00 a San Giovanni Teatino alta.

Perché si festeggia il carnevale?
Il bisogno di capire le esperienze è la caratteristica più peculiare dell’essere umano. Il significato, dunque, come forma d’interpretazione: trovare un significato vuol dire dare senso o coerenza alle nostre esperienze. Paolo Toschi, folklorista, filologo e storico della letteratura italiana, ci ricorda che tutte le forme drammatiche del nostro teatro riconoscono la loro prima e unitaria origine nel rito: esse nascono come momenti essenziali e più significativi di cerimonie religiose e soprattutto nelle grandi feste annuali e stagionali di rinnovamento e di propiziazione. In alcune feste, come ad esempio Capodanno, Carnevale, Calendimaggio si è conservata più chiaramente la derivazione dagli antichi riti pagani.

Perché “Processo a carnevale”?
Uno dei bisogni fondamentali dei popoli di tutti i tempi è di rinnovarsi ad ogni ritorno del ciclo naturale delle stagioni. Nelle comunità rurali il rinnovamento è momento imprescindibile e irrinunciabile per l’eliminazione del cumulo del “male” addensatosi durante l’anno che muore come le malattie, le disgrazie e i delitti. Attraverso tutti i mezzi che le diverse concezioni magiche e religiose suggeriscono, le comunità rurali si assicurano un felice svolgimento e rendimento del nuovo ciclo.
“Processo a Carnevale” è una rivisitazione artistica di uno dei modelli del carnevale più antico, il carnevale babilonese che ci propone una delle possibili e infinite celebrazioni della cosmogonia primordiale attraverso il racconto mitologico del poema epico Enûma Eliš.
A Babilonia l’evento corrispondeva all’equinozio di primavera ed era rappresentato dall’attraversamento della città da parte di una nave munita di ruote, il “car naval” (da cui una delle possibili derivazioni dell’etimo “carnevale”), scortato dal popolo festante su cui troneggiavano i simulacri del sole e della luna. Il car naval approdava al tempio del dio Marduk, dio del vento, del seme e del mondo sotto terra, che dopo essere sceso agli inferi, risorgeva vincendo il caos e riportava l’ordine nell’universo. Durante il viaggio l’anno morente – e con esso l’ordine del cosmo – si dissolveva nel nulla, causando la regressione al caos primordiale in cui si determinavano l’inversione naturale per cui l’uomo si tramutava in animale, in donna o in fanciullo e viceversa, l’inversione sociale che consentiva ai servi di diventare padroni, l’inversione temporale dove i defunti, evocati dai viventi indossando una maschera, tornavano in vita.

Perché ci si maschera a carnevale?
L’antropologo e studioso di teatro Oscar Eberle ci ricorda l’arcaica sacralità delle origini della maschera come il mezzo delle popolazioni primitive per comunicare con l’Aldilà. La maschera è antica quanto la stessa umanità, essa è il simbolo della trasformazione dell’uomo in un altro “io”. A Carnevale indossare la maschera significa avere un filo diretto con il mondo di sotto terra, con i defunti, con il seme che, evocato dai vivi, porterà abbondanza e prosperità nel nuovo ciclo che sorge.

Perché si brucia il carnevale?
La gioia sfrenata e orgiastica del carnevale trova la sua conclusione nella messa a morte di un capro espiatorio, quella messa a morte che oggi viene rappresentata simbolicamente con il rogo del simulacro del Carnevale.

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